Leonardo

Fascicolo 13


in "Alleati e nemici"
Due Baedeker della filosofia
di Giuliano il Sofista (Giuseppe Prezzolini)
p. 33


p. 33



   Faccio le mie debite riserve sul genere di quei lavori, i quali vogliono essere storie obiettive della filosofia. Con ciò essi si condannano alla impersonalità ed a breve durata di vita. Ripetere quello che i filosofi han detto, riassumerlo, spiegarlo, connetterlo, quando non lo si faccia in vista di violare i fatti e stuprare la storia, per generarne qualche vivace creatura metafisica o per trarne qualche godimento profondo personale, è opera certo utile di pedagogia e di propanda, ma che non regala a noi uomini che viviamo di idee, nessun arnese filosofico nuovo, non ci rende più ampia l'anima e ci costringe a ripassare soltanto traverso le vecchie formule che dai polverosi libri del passato, sono ristampate nelle edizioni del presente. La storia della filosofia così fatta si limita a incatenare parole; essa non si cura dell'uomo e ignora che sotto il sistema filosofico stanno le passioni; gli istinti, i sentimenti, lo scorrere delle immagini, talora quieto e talora furente; essa non sa che la filosofia è una reazione particolare alle cose, testimone di un temperamento, di una idiosincrasia personale; essa non sospetta che il filosofo trae più da sè stesso che da quelli che l'han preceduto, che i precursori non sono tali che quando uno più grande di loro li fa tali, solo perchè la loro parola svegliò in lui, non già donò, quel pensiero che vollero manifestare. Le teorie dunque sono abiti, sotto gli abiti v'è il corpo. Le storie obiettive sono le storie della veste, non della carne; sono l'anatomia, non la fisiologia; la statica non la dinamica. Il che si rivela nello stile di esse storie, ordinariamente grave, grigio, asfissiante, pedantesco, tecnico anche quando non ve ne è bisogno. E si rivela nella morte di questi lavori, che appena un altro ne sorge con dieci date di più, e con l'aggiunta di quattro pagine di più recente bibliografia, finiscono nella tomba dei lavori invecchiati. Infatti chi legge più la storia della filosofia del Baie, fatta con intenti obiettivi? Invece la storia della filosofia dell'Hegel, perchè c'è dentro un uomo e una volontà tesa ad un fine, resta ancora.
   Tali riflessioni ho fatto leggendo due lavori italiani, l'uno di E. TROILO, sulla Dottrina della conoscenza nei moderni precursori di Kant (Bocca, Torino, 1904, p. X, 305), l'altro di M. LOSACCO su Le dottrine edonistiche italiane del secolo XVIII (Napoli, 1902).
   Il primo (fatte le riserve sopra accennate al genere) mi sembra importante come lavoro in sè e come indizio. Come indizio che i positivisti si accorgono che il loro punto debole è la teoria della conoscenza, e cercano di studiarla e di fortificarvisi; indizio che è fratello dei lavori del Cesca. Come lavoro in sè, perchè fa la storia del movimento più veramente moderno e filosofico e caratteristico della nostra anima, che è l'indagine di noi sulla nostra capacità a conoscere. Inoltre perchè a me ignaro delle dotte glosse e dei numerosi commenti che gli scolastici tedeschi si affastellano intorno al profeta Kant, par nuova e d'estrema importanza la tesi del Troilo, che i veri precursori di Kant siano i grandi scienziati Newton e Galileo, più che i grandi filosofi Hume o Leibnitz, ed abbia avuto su lui maggiore influenza il movimento scientifico che lo gnoseologico. Non che egli neghi o diminuisca le influenze già conosciute e ormai entrate nei manuali di filosofia, ma vi pone accanto importantissima quella dell'«atteggiamento del pensiero scientifico propriamente detto, nella matematica, nella meccanica, nella fisica, nella astronomia, di fronte ai grandi problemi particolari e generali dell'universo» (p. 274) (atteggiamento rivoluzionario del pensiero, per cui lo spirito, ad un certo momento della evoluzione mentale della umanità, sentì di doversi imporre alla natura, sentì di dover entrare nei campi della conoscenza, non già come l'augure che aspetta il responso e l'auspicio, ma come il duce che comanda e impone la sua volontà, non già come lo scolaro che si lascia insegnare dal maestro tutto ciò che a questi piaccia, ma come il giudice che ha il diritto di costringere i testimoni a rispondere alle domande che loro rivolge» (p. 278). Tale attitudine autocratica, personalista, volontarista del pensiero, che il Troilo ricongiunge col Poincaré (e perchè non meglio col Milhaud?) fu quella di Bacone, di Galileo, di Copernico. Kant osservando come «la fisica sia debitrice della felice rivoluzione che si è verificata nel suo metodo, a questa semplice idea, che essa deve, non dico immaginare, ma cercare nella natura, conformemente alle idee che la ragione stessa vi trasporta ciò che vuole apprenderne.» (Critica della Ragione Pura. Prefazione alla II edizione), si propone di fare la stesso per creare una metafisica come scienza supponendo tutto il contrario di quanto si era pensato fino ad allora, supponendo cioè che «gli oggetti si regolino sulla nostra conoscenza». Ecco così spiegato il paragone, non già epidittico, ma esplicativo, che Kant fa di sè con Copernico; per Kant l'a priori ha il valore in metafisica delle ipotesi Copernicane in astronomia.
   Osservazioni in questo libro ne avrei molte da fare, come di dimenticanze (Pascal) e di mende (Locke citato in francese), osa il Leonardo non vuole informare, nè correggere, soltanto commentare personalmente i libri.
   Si potrebbe discutere sull'opportunità di spendere 125 pagine intorno ai nostri filosofi edonisti del secolo XVIII; giacchè o hanno un vero valore e allora è meglio leggerli senza riassumerli, che è sempre un modo di falsarli, o non ne hanno e allora è meglio lasciarli dormire negli scaffali dove non danno noia a nessuno. Però il Leonardo non si contenta di riferire le parole altrui e discute e paragona la vecchia psicologia con la moderna; dove oserei dire che dice alcune cose giuste, cioè, che mi fanno comodo, se non temessi di entrare in un ginepraio nel quale stanno già combattendo Gian Falco e il prof. Regalia; cioè nella questione del dolore e dell'azione. Io, da buon giocatore, non voglio disturbare la loro partita, nè soffiare a quello o a questo una qualche mossa; se ne avrebbero a male, e non ne hanno bisogno.
   Tanto per finire raccomando a tutti ì fabbricatori di Baedekers filosofici di non scarseggiare in bibliografia; è utile la guida quando non fa frasi sui monumenti, ma dice i prezzi e le ore in cui si possono visitare. L'unica storia della filosofia che si possa insegnare è quella bibliografica e riassuntiva, e sarà un grande progresso il mutare le cattedre dei professori di filosofia in cattedre di bibliografia filosofica.


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